Scoprire la Riviera
Gennaio 08, 2023
Triora, famosa per essere il paese delle streghe, si trova nel primo entroterra della provincia di Imperia, in Val Argentina. Il paese è perfetto per una gita fuori porta e per chi desidera allontanarsi un attimo dalla costa per esplorare i borghi piú caratteristici della Liguria di Ponente.
Qui potrai scoprire le leggende e ritrovare i luoghi delle streghe che hanno reso cosí famoso questo borgo, ma anche visitare i musei di Triora, il Museo Etnografico e della Stregoneria, oltre che il Museo di Triora - Civico e Diffuso.
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Indirizzo: Corso Italia, 1, Triora
Prezzo del biglietto: 2 euro
All’ingresso del Museo Regionale Etnografico e della Stregoneria un cartello introduce la nascita e lo scopo del museo, che nacque grazie ai giovani del Campo Eco del Comune di Genova, con il supporto degli abitanti della zona. Al suo interno si possono ammirare numerosi oggetti antichi, alcuni dei quali utilizzati ancora oggi sia nelle borgate rurali, come quelle di Goina e Borniga, ma anche nelle case dei contadini e dei pastori.
Il Museo Etnografico e della Stregoneria di Triora è suddiviso in 6 sale, all’interno delle quali è mostrato in ciascuna un ciclo della vita contadina.
Nella Sala Grande, in particolare, si possono trovare informazioni interessanti sul ciclo del grano e tutti quegli attrezzi che venivano, e in alcuni casi vengono ancora oggi, utilizzati nei campi da contadini, mulattieri, panettieri e falegnami.
Si passa poi nella sala attigua, dove viene mostrato il ciclo del castagno, in passato principale fonte di sostentamento per molte famiglie, e una cucina arredata secondo tradizione.
Scendendo nei sotterranei si provano emozioni contrastanti. Sono ben quattro le sale dedicate alla storia e alle leggende delle streghe di Triora, che hanno dato vita a credenze e superstizioni che vengono narrate ancora ai nostri giorni. I documenti conservati nell'Archivio di Stato di Genova, e qui fedelmente riprodotti ed esposti, raccontano di tremendi supplizi ed interrogatori spietati.
Una sala è dedicata a Luigia Margherita Brassetti, una nobildonna cagliaritana, il cui ricordo è ancora vivo nella memoria dei più trioresi più anziani. Le sue attività benefiche, le sue privazioni e la sua vita sono narrate attraverso i suoi diari, fotografie, cilici ma soprattutto attraverso i pensierini degli alunni e gli scritti delle amiche più intime.
Le stanze del Museo Etnografico e della Stregoneria di Triora
Particolarmente interessante è la sezione archeologica del museo dove sono esposti i reperti rinvenuti nell’Alta Valle Argentina. I reperti, databili al Neolitico, furono rinvenuti principalmente nella Tana della Volpe a Loreto. Tuttavia anche gli scavi nell'Arma della Grà di Marmo, nell'Arma della Vigna, nella cava di Loreto, nel Pertuso, nel Buco del Diavolo e nel Bric del Castellaccio hanno portato alla luce oggetti di uso quotidiano, ornamentale e di difesa, databili dal Eneolitico all'Età del Ferro.
Al piano strada si trova una grande sala testimonianze del passato sono narrate attraverso le statuette lignee del Maragliano e dei suoi discepoli, mentre nella sala attigua si può visitare la sezione faunistica, con numerosi esemplari di uccelli che ancora oggi popolano i pianori dell’Alta Valle Argentina.
Per informazioni precise sulla disposizione delle sale del Museo Etnografico e della Stregoneria di Triora è possibile consultare la piantina sul sito del museo stesso.
All’interno si trova anche l’orologio campanario della Collegiata, la chiesa principale di Triora, e una fotografia della processione del Monte, che si tiene ogni anno dal 1756 come ringraziamento per la liberazione dal flagello dei bruchi cavallette e locuste che devastavano alberi e piante. In origine si celebrava il 18 marzo, ai giorni nostri invece la seconda domenica dopo Pasqua.
All’interno del Museo di Triora si trova poi un’intera sezione dedicata ai ritrovamenti fatti all’interno delle grotte presenti nella zona. Tra queste l’Arma della Gastea, la Tana della Volpe e la Grotta del Pertuso. Oltre a queste vengono presentate anche l’Arma della Gra di Marmo e il Buco del Diavolo, entrambi a Realdo.
L’Arma della Gastea si trova nei pressi di Borniga ed è una cavità caratterizzata da una galleria stretta e bassa lunga circa 6 metri. L’umidità e le dimensioni la rendono piuttosto inospitale. Per questo fu adibita a luogo di sepoltura collettiva in due distinti periodi, cronologicamente molto lontani tra loro, corrispondenti ad un intervallo cronologico datato indicativamente tra il 1610 a.C. e il 1420 a.C.
La Tana della Volpe, allo stato attuale delle ricerche, risulta essere uno dei luoghi più occidentali raggiunti nel corso della loro millenaria migrazione dalle genti della cultura dei vasi a bocca quadrata, oltre al Riparo di Loreto . Si tratta nello specifico di una piccola cavità formatasi dall’accumulo di grossi massi franati, che si apre alla base di un’alta parete rocciosa ed alla sommità di un ripido canalone detritico a circa 750 metri di altitudine sulla destra orografica del torrente Argentina . L'ingresso, molto stretto, immette in una angusta e bassa stanzetta dai contorni irregolari.
Nel corso di quattro campagne di scavo, iniziate nel 1972 e proseguite negli anni dal 1978 al 1981, fu portato alla luce un deposito archeologico suddiviso in cinque diversi livelli stratigrafici, avente uno spessore di circa 150 cm.
Nel IV strato, il più antico, databile ad una fase del Neolitico Medio, sono stati rinvenuti i frammenti di più vasi a bocca quadrata. Oltre alle ceramiche, sono stati rinvenuti un punteruolo in osso, una minuscola lamella in selce,un frammento di probabile pendaglio ricavato da una zanna di cinghiale e tre conchiglie forate per uso ornamentale.
Immediatamente sopra si sviluppa per oltre un metro di spessore uno spesso strato, che va a costituire il III strato e II strato. Qui fu rinvenuto un vero e proprio ossario con resti umani in giacitura caotica, disseminati tra le pietre e nelle fessure più profonde. Il materiale archeologico è costituito unicamente da frammenti di vasi in ceramica ad impasto.
Il III strato ha restituito anche vasi globulari con piccole bugne e prese a linguetta di forma subcilindrica a fondo piatto, riferibili ad una fase compresa tra il Neolitico finale e l’Eneolitico intorno alla metà del III millennio a.C.
Nel II strato, molto rimaneggiato a causa delle deposizioni funerarie succedutesi nel tempo, compaiono forme vascolari nuove. In particolare ciotole o tazze carenate con superfici nero lucido, databili al Bronzo medio. Ma anche olle ed urne ad impasto grossolano, che presentano decorazioni unghiate e a stecca, ottenute mediante la semplice pressione di un’unghia e usando la punta di una stecca sulla creta prima della cottura, attribuibili ad un periodo compreso tra la tarda Età del Bronzo e la prima Età del Ferro.
La Grotta del Pertuso si apre alla base della Rocca di Goina, a circa 1330 metri di altitudine, in una zona impervia dell'alta Valle del Capriolo. Una stretta apertura di forma triangolare, perfettamente esposta a mezzogiorno, immette in una piccola camera di circa 20 metri quadri, dal soffitto molto basso. L'ingresso è parzialmente ostruito da una lastra di pietra infissa nel terreno, probabilmente posta nell’antichità con lo scopo di impedire l'accesso o di celarne l'apertura.
Sulla destra della prima camera, uno strettissimo cunicolo immette in una galleria discendente piena di massi, che termina, dopo circa dieci metri, in una sala abbastanza ampia, suddivisa in più settori.
Nel corso di una prospezione speleologica, nel 1962, il molinese Augusto Zucchetto rinvenne un'ingente quantità di ossa umane, sparse in modo caotico tra le pietre ed i massi, appartenenti ad almeno 18 individui. La calibrazione di due date radiometriche (GrN-14938:3455±35 BP; GrN- 14937: 3350±35 BP), effettuate di recente su campioni di ossa umane, indica che l'uso funerario della cavità si colloca alla fine del Bronzo Antico. Successivamente il Gruppo Ricerche di Sanremo raccolse frammenti di almeno quattro o cinque vasi di ceramica ed alcuni oggetti ornamentali, con rivestimento vetroso di colore azzurro turchese andata purtroppo distrutto.
Una serie di campagne di ricerche sistematiche promosse dalla Soprintendenza Archeologica della Liguria sono state condotta nel 1984 e 1985, in seguito alle quali fu possibile recuperare ulteriori ossa umane, oltre che resti di fauna e carboni, la cui datazione radiometrica ha restituito una data riferibile all'età del Rame (HAR-6760:4410±150). Insieme ad essi sono stati anche ritrovati una lesina a losanga in bronzo, due conchiglie di Dentalium, una Columbella rustica e una Monodonta turbinata, 35 perline di aragonite e un frammento di probabile semiluna in selce.
Considerando la sua ubicazione, la piccola grotta fu probabilmente sfruttata dai pastori, che nei mesi estivi conducevano le greggi al pascolo sui prati dell'alta valle del Capriolo, in un periodo compreso tra l'Età del Rame e l'antica Età Bronzo. Lo studio dei resti ossei umani rinvenuti ha documentato la presenza sia di individui adulti di entrambi i sessi, sia di fanciulli e adolescenti. La Grotta del Pertuso si configura dunque come un luogo sacro destinato a funzione funeraria.
La Sala Brassetti prende il nome da Luigia Margherita Brassetti, una nobildonna sarda che si trasferì a Triora nel primo 900’, che, con le sue opere caritatevoli e le cospicue somme di denaro che donò nel corso della sua vita, conquistò l’affetto dei trioresi. All’interno della sala sono esposti numerosi cimeli tra cui una vecchia bandiera italiana del 1912 e varie macchine da cucire.
Al piano interrato si apre la sezione del museo dedicata alla biblioteca, al cui interno sono custoditi testi riguardanti principalmente la magia, la stregoneria, e la demonologia. Attualmente si contano all’incirca un centinaio di volumi.
Subito dopo la biblioteca si accede alla cantina del museo, dove sono esposti numerosi cimeli e attrezzi in passato utilizzati nei campi, in questo caso destinati principalmente alla vendemmia. Un cartello narra le vicende dei contadini di Triora, che nel mese di ottobre si recavano nelle vigne per vendemmiare e, successivamente, fermentare l’uva, e spiega tutti i passaggi della lavorazione.
La sala successiva è dedicata al focolare e alla pastorizia. Anche qui un cartello spiega in maniera dettagliata quella che era la tradizionale composizione di una cucina rustica, gli usi del tempo e i cibi che venivano preparati.
Un altro cartello approfondisce invece la pratica della pastorizia in queste zone, dove i pascoli erano costituiti principalmente da ovini e bovini, che venivano sfruttati soprattutto per ottenere latte e derivati. È dunque possibile scoprire le abitudini dei pastori, che facevano a turno per far pascolare le bestie nei pascoli, e tutti i passaggi necessari per la lavorazione del latte e la creazione dei tipici formaggi stagionati.
La stanza successiva è interamente dedicata al ciclo della castagna, un tempo alimento principale della gente di montagna. Una vita di sacrifici, di cui oggi rimangono poche tracce, se non i secolari e imponenti alberi di castagno. Dalle castagne veniva ricavata la preziosa farina, molto utilizzata di tagliatelle, gnocchi e altri cibi tipici, ma anche per preparare gustosissimi dolci, come il castagnaccio.
La stanza successiva è dedicata alla vita nei campi e agli antichi mestieri. L’agricoltura dell’Alta Valle Argentina era molto simile a quella di altre zone montane della Liguria. Nel XVI secolo il territorio di Triora abbondava di grano, vino e castagne. In passato erano coltivati anche cereali, come il grano, l’avena, l’orzo e la segale, oggi scomparsi, e legumi come ceci, lenticchie, cicerchie e patate. Alle quote più basse del territorio cresceva l’olivo. Particolare attenzione era poi riservata ai pascoli e ai prati per il foraggio di bovini, ovini e caprini, quella dell’allevamento è un’attività che riveste tuttora una certa importanza.
Si passa dunque alla stanza dedicata alla stregoneria, dove si possono osservare bambole di streghe ed effigi in cui si associano le streghe al diavolo. Poco oltre si trova la riproduzione delle antiche prigioni in cui venivano incarcerate le presunte streghe e torturate, con manichini che simulano le scene descritte nei documenti giunti fino ai giorni nostri: in particolare si trova il cavalletto, la prigione della strega, la scure e la scena dell’interrogatorio.
Nella sala successiva si trovano gli atti del processo delle streghe,con miniature di streghe e immagini demoniache. Si trova inoltre una descrizione estremamente minuziosa nel linguaggio dell’epoca e le lettere originali legate al processo, tutto esposto in bella vista con cartelli riassuntivi che riepilogano la storia delle streghe di Triora.
Infine, è possibile accedere al giardino, dal quale si può ammirare una magnifica vista su tutta Triora. Qui sono esposti alcuni attrezzi da lavoro e originali cartelli che recitano “Parcheggio riservato alle streghe”. Sotto un arco si trova anche una riproduzione del borgo di triora stilizzato.
Indirizzo: Piazza Tommaso Regio, Triora
Prezzo del biglietto: 4 euro
Il Museo di Triora - Civico e Diffuso si sviluppa su 5 piani, all’interno della sede di Palazzo Stella. È un museo altamente moderno, con ingresso automatizzato che prevede il pagamento anche con carta, che è stato completamente restaurato di recente e, per certi versi, rappresenta la versione 2.0 del museo etnografico. Fu finanziato dal progetto Interreg ovvero dal fondo europeo di sviluppo regionale.
Alla biglietteria automatica viene stampato il biglietto con un QR code: è sufficiente appoggiarlo sul lettore dell’ingresso e si apre una porta automatica attraverso la quale si entra nel museo. Segnaliamo che il museo è dotato di un ascensore interno fino al quarto e penultimo piano.
Al primo piano si trova la sezione didattica, dedicata principalmente ai bambini, che potranno divertirsi a mascherarsi da personaggi della Triora antica. Qui si trova anche un cartello che narra la storia del borgo.
Si accede quindi alla Cabina del Naturalista, un’area all’interno della quale si può trovare una sorta di rivisitazione della sezione fauna e del focolare del museo etnografico, anche se il tutto è reso meno austero e più moderno, con pannelli che spiegano la flora e la fauna del luogo.
Salendo troviamo quindi la sezione etnografica del museo, principalmente orientata alla tematica delle streghe. Vari pannelli spiegano gli usi di amuleti e talismani, con statuette dedicate al culto della Dea Madre. Si trova anche un’esposizione di ceramiche provenienti da Montalto Ligure, un comune poco distante da Triora.
È possibile approfondire anche l’orazione del malocchio: dall’apposito pannello è sufficiente sollevare la cornetta e ascoltare la spiegazione.
Altri pannelli invece narrano e indagano sui possibili luoghi di incontro delle streghe di Triora, avanzando delle ipotesi, oltre alla Cabotina. Gli inquisitori ritenevano infatti che si riunissero in luoghi vicino all’acqua, in particolare in prossimità del lago Degno, non lontano da Molini di Triora, e Triora dalla sorgente situata all’esterno dell’abitato di Campomavue.
Inoltre, l’abbondanza di pelle animale derivante dalla pratica della pastorizia, permise di sviluppare la produzione artigianale di scarpe. Non solo, altre importanti risorse economiche derivavano dagli ovini, dai quali veniva prelevata la lana, dai boschi, dai quali veniva raccolta legna da ardere, e soprattutto dalle cave di ardesia, per la lavorazione della pietra.
La sezione dedicata alla stregoneria ripercorre, con pannelli multimediali e video, la storia del processo alle streghe di Triora, con pannelli che spiegano il motivo storico dei vari processi avvenuti negli anni.
Superata una moderna sala per le conferenze, dove venivano proiettati video sulla storia del processo alle streghe, all’ultimo piano si trova una piccola sezione dedicata al mondo delle streghe nei fumetti.
Sempre al piano superiore, sono attualmente presenti due mostre temporanee, una dedicata agli Arcani dei Tarocchi di Marsiglia, e la mostra fotografica Grembo, di Chiara Giovanelli.
Mano a mano che si sale all’interno del museo vale la pena soffermarsi ad ammirare gli affacci su Piazza Tommaso Regio e la vista della Collegiata, è la chiesa principale di Triora.
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